Renato Serra dichiara nel suo Esame di coscienza di un letterato :
Credo che abbia ragione De Robertis ; quando reclama per sé e per noi
tutti il diritto di fare letteratura, malgrado la guerra. [...].
Sempre lo stesso ritornello : la guerra non cambia niente. Non migliora,
non redime, non cancella ; per sé sola. Non fa miracoli. Non paga i debiti,
non lava i peccati. In questo mondo che non conosce più la grazia.
[...] La guerra ha rivelato dei soldati, non degli scrittori.
Essa non cambia i valori artistici e non li crea : non cambia nulla nell'universo
morale. E anche nell'ordine delle cose materiali, anche nel campo
della sua azione diretta...
Che cosa è che cambierà su questa terra stanca, dopo che avrà bevuto il
sangue di tanta strage : quando i morti e i feriti, i torturati e gli abbandonati
dormiranno insieme sotto le zolle, e l'erba sopra sarà tenera lucida
nuova, piena di silenzio e di lusso al sole della primavera che è sempre la
stessa ?
[...]. La storia non sarà finita con questa guerra, e neanche modificata
essenzialmente ; né per i vincitori né per i vinti. E forse neanche per
l'Italia1.
I dubbi, le angosce, le perplessità che il saggista delinea nella sua opera sono
ricorrenti nelle testimonianze sulla Grande Guerra, che costituisce, come è noto,
un capitolo particolarmente ricco e criticamente complesso della letteratura italiana,
nelle sue molteplici sfaccettature (implicazioni storiche e valore documentario
dei testi, interferenze di diversi generi letterari, rapporto fra testimonianze
diaristiche, memorialistiche ed autobiografiche, ecc.).
I saggi qui raccolti, diversi per metodologia e orientamento, consentono di
valutare il trauma che la Grande Guerra ha provocato anche nella scrittura, scardinando
i parametri letterari della tradizione e sollecitando assestamenti o ripensamenti
nella poetica degli scrittori-soldati coinvolti.
1 Renato Serra, «Esame di coscienza di un letterato. Cesena 20-25 marzo 1915» in Id., Scritti letterari
morali e politici. Saggi e articoli dal 1900 al 1915, a cura di Mario Isnenghi, Torino, Einaudi,
1974, p. 525, 530, 532, 534.
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